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Diplomato all’ Istituto Magistrale “C. T. Bellini” e laureato in Scienze Politiche.

Giornalista Pubblicista, ha collaborato per diversi anni ad alcuni giornali locali.

Ha iniziato la sua carriera nella scuola: prima come insegnante di scuola dell’infanzia, poi quale docente di scuola elementare e ora Dirigente Scolastico; ha fatto parte del direttivo e della segreteria del Sindacato Scuola CGIL.

Impegnato nel movimento pacifista, ha partecipato a diverse iniziative umanitarie in: Palestina, Kosovo, Bosnia-Erzegovina, Serbia-Montenegro.

Consigliere Provinciale e Capogruppo dei DS dal 1995 al 1999. Dal 1997 al 1999 ha fatto parte del CdA dell’ Istituto Storico della Resistenza.

E' stato il coordinatore dell’associazione “Aprile per la Sinistra” di Novara.

Nel dicembre 2006 è subentrato in Consiglio Comunale di Novara alla consigliera dimissionaria Teresa Marrocu.

Componente della segreteria provinciale dei DS fino all’ultimo Congresso (2007).

A maggio di quell’anno, in coerenza con il voto alla mozione congressuale della Sinistra DS, non ha aderito alla costituente del Partito Democratico e ha contribuito alla nascita di Sinistra Democratica, di cui è coordinatore provinciale da luglio 2007, incarico in cui è stato riconfermato nella 1° Assemblea Generale di Sinistra Democratica di Novara, svoltasi nel giugno 2008.

Dal 29 giugno 2008 è, altresì, componente del Consiglio Nazionale di Sinistra Democratica.

Nell'aprile del 2009 è stato nominato Portavoce Provinciale di SINISTRA e LIBERTA' di Novara. Nell'assemblea degli aderenti del 14 dicembre 2009 è stato eletto all'unanimità Coordinatore provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà in provincia di Novara.


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venerdì 4 settembre 2009

COMUNICATO STAMPA - Donne di “Sinistra e Libertà “ di Novara



Le avventure-disavventure erotiche e sentimentali  del  Presidente del Consiglio occupano da mesi le pagine di giornali e tv, nazionali ed esteri, a partire dalla vicenda madre: quella di Casoria e della festa di compleanno di Noemi Letizia, affiancata dal ‘caso’ delle veline e attricette convocate per un corso ad hoc che avrebbe dovuto ‘abilitarle’ candidate alle elezioni europee. Da allora è stato un susseguirsi di foto, registrazioni, notizie di indagini, interviste alle protagoniste delle feste di palazzo Grazioli e villa Certosa. Accompagnate da un silenzio pressoché assoluto delle tv, sia private che pubbliche, e delle istituzioni che ci rappresentano . Un silenzio che offende e umilia tutte le donne italiane che non si riconoscono nel ‘modello unico’ che queste vicende propongono, o meglio impongono: la classica donna oggetto, nata e cresciuta per compiacere l’uomo, specie se potente, cooptata ai livelli più alti della rappresentanza politica non per competenze specifiche o capacità, ma per il bell’aspetto e l’arrendevolezza. Un modello che ci umilia perché, investendo le più alte cariche, offre al mondo intero un’immagine della donna italiana che è assolutamente al di fuori della realtà che noi tutte viviamo ogni giorno. Una dura realtà fatta di lavoro, di cure parentali e familiari, di figli da crescere; tanto più difficile da mettere insieme e conciliare in tutte le sue sfaccettature considerando l’arretratezza vergognosa o la pressoché totale assenza dei servizi essenziali: dagli asili nido al tempo pieno nella scuola fino ai servizi di assistenza agli anziani non autonomi.  Poche voci si sono levate contro questo machismo casareccio che sembra avere il tacito consenso di buona parte del Paese: le docenti universitarie che firmarono l’invito alle first lady del G8 a non partecipare al summit dell’Aquila, gli articoli di Nadia Urbinati, Miriam Mafai e Michela Marzano su Repubblica, l’iniziativa di interpellanza, peraltro poi bloccata, di alcune parlamentari dell’opposizione.
   Anche le donne, quelle che ogni giorno si districano faticosamente tra lavoro, figli, genitori e mariti, tacciono. Ma cosa c’è dietro il silenzio delle donne? Siamo davvero sicuri che condividano il modello patinato, artificioso e godereccio imposto da anni dalle tv, prima quelle private e poi anche quella pubblica? O che non siano piuttosto i loro mariti, padri, fratelli e figli a compiacersi, nella maggior parte, di questa regressione culturale imposta dall’alto? Tra consenso, disagio e indifferenza, continua a perpetuarsi una manovra accortamente concordata che vorrebbe riportarci indietro di almeno cinquant’anni.  Agli anni in cui le donne italiane potevano sperare di affrancarsi  solo sposando un benestante o vincendo il concorso di miss Italia! Perché il pericolo è questo: tornare a una condizione di sudditanza dalla quale ci avevano liberato decenni di lotte che avevano portato alla riforma del diritto di famiglia, alla legge sull’aborto, al divorzio, al lavoro fuori casa. “Voi volete ricacciarci indietro!” ci viene da gridare, come Giacomo Matteotti nel momento in cui denunciò i brogli e le violenze fasciste alle elezioni che avevano decretato la vittoria di Mussolini. Perché l’immagine della donna che emerge e si rafforza in tutte queste storie di escort, veline candidate, papi, Noemi, è quella, vecchia e ultradatata,  della donna subalterna, che mette ogni sua energia nel ‘farsi bella’ per piacere e poter così aspirare a un qualche posto o carica. Una visione che non solo emargina le donne, ma condanna anche il paese a un’arretratezza sociale e culturale da secondo dopoguerra, ignorando l’apporto che la donna può dare in ogni campo: del sapere, della politica, dell’imprenditoria e dell’economia. 
Novara,  2 settembre 2009
Nadia Butini, Daniela Mortarotti e Donatella Stoppani
                                                                       Sinistra e Libertà NOVARA

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